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ARTE E ARTIGIANATO DOGON Circa cento anni fa, i precursori dell'arte moderna come Braque, Matisse o Vlaminck, acquistando le loro prime maschere africane, hanno sensibilizzato l'Occidente all'arte dell'Africa nera. Ne hanno egualmente contribuito i pittori impressionisti tedeschi del movimento Die Brücke. Numerose esposizioni insieme ad importanti edizioni, hanno interessato tutto il mondo all'arte africana, la quale si è trovata così portata ai primi posti dell'arte mondiale. Tuttora la produzione dogon ne rappresenta una delle migliori espressioni. LE MASCHERE Le maschere
sono molto importanti nella cultura dogon e ricoprono un ruolo rilevante
nelle cerimonie religiose. La cerimonia commemorativa per i defunti costituisce
un'occasione speciale di festa, cui prendono parte centinaia di maschere
diverse rappresentanti animali, esseri umani e concetti astratti. Ad ogni
maschera corrisponde un costume di fibra, un emblema e persino un passo
di danza specifico; tutte però trovano origine nell'immensa maschera
della madre Imina-na, lunga ben 10 metri, che per ovvi motivi non può
essere indossata. IL KANAGA Questa maschera,
che proviene dal Mali, viene utilizzata nel corso di cerimonie funebri
ed ha il duplice scopo di purificare il villaggio dalla morte e di accompagnare
lo spirito del defunto alla sua ultima dimora. Si tratta di una maschera
particolare che racchiude diversi significati simbolici e si presta quindi
a molteplici interpretazioni. Per alcuni è la raffigurazione di
un animale mitico, come l'uccello kommondo, la cui testa e le cui ali
aperte sono rappresentate rispettivamente dai bracci inferiori e superiori
della croce di Lorena. Secondo altri studiosi l'animale si dovrebbe identificare
con il coccodrillo leggendario su cui gli antenati avrebbero attraversato
il fiume Niger. Ma l'interpretazione più diffusa vuole che i bracci
superiori della croce rappresentino il cielo, quelli inferiori la terra,
mentre l'asse centrale costituisce il tramite tra le due estremità.
La forza vitale fecondatrice scende dal cielo sulla terra, la rende fertile
e consente in tal modo il perpetuarsi della vita e dell'equilibrio primordiale. LE PORTE Le porte, riccamente scolpite, servono generalmente come chiusura dei granai. Il granaio dogon viene usato per custodire non solo i cereali, ma anche gli oggetti di valore. Il granaio dell'Hogon, il sommo sacerdote, contiene il miglio usato per i riti propiziatori della fertilità; le porte costruite per lui sono ornate con figure maschili e femminili che si ritiene rappresentino gli antenati mitici. Il granaio é considerato simbolo dell'arca mitica che servì agli otto Nommo nel loro viaggio verso la terra. LE SERRATURE Questo tipo di lucchetto é un'invenzione dell'antica Mesopotamia; é giunto alle tribù dell'Africa occidentale per il tramite delle popolazioni arabe. La serratura é sempre formata da due pezzi, di cui uno fisso e l'altro scorrevole, uniti alla porta da chiodi di ferro; all'interno della parte fissa sono collocati dei perni che, bloccati da una chiave, permettono la chiusura della porta. La serratura viene vista dai Dogon come una stilizzazione della figura umana, ed in essa distinguono una parte superiore che chiamano testa, una centrale, l'addome, e una inferiore le gambe.
Le statue rappresentanti una figure con le braccia levate sono tra le più note del repertorio dogon. A queste opere viene generalmente attribuito il nome di "preghiere per la pioggia", in quanto le figure sono scolpite in atteggiamento supplichevole; le braccia levate verso l'alto sembrano invocare ad uno stesso tempo la pioggia e la protezione della divinità. Queste statue vengono a volte identificate con i Nommo, che sono anche signori dell'acqua, nel loro ruolo di mediatori tra terra e cielo e tra donna e uomo. Essendo l'elemento unificatore ed intermediario tra questi due principi, il Nommo é ermafrodito. Queste statuette vengono poste sugli altari famigliari, dove sono celebrati i riti propiziatori della pioggia. L'Hogon, il grande sacerdote, intinge la statua in polvere di carbone e olio, sostanze usate per i sacrifici, e quindi accende sull'altare un fuoco; poi, con un uncino, fa atto di attirare a sé, simbolicamente, le nubi del cielo. La decorazione a zig-zag sul corpo di entrambe le figure rappresenta insieme l'acqua e l'uomo, prodotto della vibrazione del cosmo.
L'immagine dell'uomo a cavallo ricorre assai frequentemente nella produzione artistica dogon. Generalmente si ritiene che rappresenti il settimo Nommo, ovvero il fabbro. Il fabbro é uno dei personaggi centrali tanto della mitologia quanto della vita sociale dogon. Egli é l'eroe civilizzatore per eccellenza. Il cavaliere può essere identificato anche con Hogon, il grande sacerdote, che vive isolato dedicandosi esclusivamente al culto. In alcune occasioni il cavaliere può rappresentare Dyon, l'antenato primordiale che, anticamente, guidò i Dogon nella regione che ancora oggi abitano. Secondo la complessa mitologia dogon, Amma é il creatore dell'universo ed anche colui che diede vita al primo genio, chiamato Nommo. A causa della lite che questi ingaggiò con il proprio gemello antagonista, l'ordine del cosmo venne turbato; fu così che Amma decise di porvi rimedio sacrificando il primo Nommo e smembrandone il corpo. Dai frammenti di quest'ultimo ebbero origine le quattro coppie di gemelli Nommo, antenati dell'uomo, dagli occhi rossi e dal corpo verde. I Nommo, scesi sulla terra, portarono agli uomini la civilizzazione e la conoscenza delle tecniche agricole e metallurgiche, divenendo così per i Dogon eroi culturali. Il Nommo-fabbro, pur essendo dotato di un corpo flessibile, cadendo sulla terra si spezzò le giunture, e divenne così capace di lavorare e di danzare. Inoltre egli rubò un pezzetto di sole e lo donò all'uomo sotto forma di fuoco e di metallo incandescente. Sovente su questo tipo di sculture compaiono diffuse decorazioni incise a zigzag. Questo motivo ricorre spesso nell'iconografia locale, e simboleggia generalmente la pioggia o l'acqua. In alcuni casi ad esempio il suo movimento ondulato rimanda allo scorrere dell'acqua sul terreno.
Le due figure, sono conosciute col nome di "due gemelli". La mitologia tramanda che dall'energia vitale del primo Nommo é stata originata la prima coppia di gemelli, fratello e sorella. Secondo alcuni autori tuttavia le immagini raffiguranti più figure contrapposte sarebbero la rappresentazione di Aru e della sua stirpe, leggendari usurpatori delle terre dei Dogon. L'ERMAFRODITO Un altro dei grandi temi ricorrenti nella statuaria dogon é quello dell'ermafrodito, generalmente collocato su di uno zoccolo. La figura che rappresenta insieme gli attributi di entrambi i sessi é considerata abitualmente rappresentazione dell'antenato mitico. Il tema della figura androgina non é una creazione originale dei Dogon: essi stessi lo fanno risalire all'antica popolazione dei Tellem, che ha abitato prima di loro gli stessi territori. Nell'iconografia usuale gli attributi maschili sono rappresentati dal sesso e dalla barba, quelli femminili dal seno e dall'ombelico. L'uomo e la donna sono creature imperfette ed incomplete, e solamente nell'unione fisica e psicologica possono ritrovare la propria ragione di vita. Ciò sembra essere direttamente in relazione con la divinità primordiale, che racchiudeva nel suo essere un'unità ancora indifferenziata.
L'uomo e la donna raffigurati insieme rappresentano generalmente gli antenati progenitori; essi, nella loro unione, simboleggiano l'ordine dell'universo che si perpetua e ritorna incessantemente. L'esemplare esposto raffigura i due personaggi in una posa che ricorre spesso nella produzione dogon: le mani di entrambi sono appoggiate sulle ginocchia e l'uomo cinge col braccio le spalle della donna. Si ritrovano qui due elementi iconografici che costituiscono degli attributi specifici dei due sessi: la faretra, che allude alla guerra e alla caccia, ed il bambino affidato alle cure materne. La sporgenza tubolare sotto il mento della figura femminile rappresenta il bastoncino che molte donne usavano portare infisso nel labbro.
Con il nome di Kalao si fa riferimento al bucero, uccello diffuso in molte regioni del continente africano. La sua immagine scolpita ricorre spesso nella produzione artistica, soprattutto tra le popolazioni del Sudan Occidentale, e si carica di significati mitologici e simbolici. Generalmente il ventre rigonfio ed il forte becco adunco si riferiscono agli organi sessuali e all'accoppiamento; nel suo insieme quindi il kalao allude alla fertilità, alla vita ed alla continuazione della propria discendenza.
Prima che gli africani entrassero in contatto con il mondo straniero, le perle, che erano un oggetto simbolico importante, erano, secondo la regione, di origine vegetale, minerale o acquatica. In Africa occidentale, di origine soprattutto minerale, le perle erano intagliate da pietre come il quarzo trasparente, il corallo blu, il calcedonio o la malachite. Che si trattasse di perle provenienti dalle acque dei fiumi, da minerali o da vegetali era comunque difficile procurarsene. La loro rarità le rendeva molto preziose. Per acquistarne qualche grano, si arrivava a dare in schiava una donna o un bambino della famiglia. Nel frattempo, già verso la fine del medio evo, gli Indiani e i Cinesi che intrattenevano relazioni commerciali con l'Africa, avevano introdotto nel continente perle in vetro o in pasta di vetro coloratissime, che gli Africani adottarono. Più tardi, verso il XVI° secolo, i Portoghesi, arrivati sulla costa occidentale dell'Africa, avviarono un importante commercio di baratti con le popolazioni della costa. Tra le mercanzie scambiate da parte portoghese, c'erano anche perle di vetro che venivano fabbricate in Germania, in Francia, in Olanda e soprattutto a Venezia (le "murrine"). Poco a poco queste perle artificiali sostituirono quelle naturali per le più diverse funzioni, sia molto concrete (venivano infatti usate come denaro, come ornamento, per comporre gioielli) sia simboliche. I valori ed i significati simbolici delle perle sono numerosissimi. Tra i Baluba del Congo un collier di perle simbolizza l'unione della vita di individui in un insieme coerente. Effettivamente, in una collana ogni grano rappresenta una unica vita, che forma con le altre vite (le altre perle) un tutto (il collier), la cui esistenza non è possibile se non grazie alla partecipazione di tutti. Così un collier di perle appartenente ad un capofamiglia simbolizza tutta la famiglia, e ogni grano un membro della stessa. Una collana di perle posseduta da un capo clan rappresenta tutto il clan e ciascuna perla, una famiglia appartenente a quel clan. E' un pessimo segnale quando una collana di famiglia si rompe, anche per caso: questo evento starebbe a significare la prossima morte di un membro della famiglia. Le perle simboleggiano la ricchezza e il benessere sociale. LA CALEBASSE Questi recipienti
sono ricavati dal frutto maturo di una diffusissima varietà di
zucca, che viene lasciato imputridire nell'acqua e quindi svuotato. La
scorza legnosa diviene molto dura, pur rimanendo adatta ad essere intagliata
ed incisa. Questi contenitori sono diffusi in tutta l'Africa e vengono
utilizzati per contenere granaglie, liquidi, latticini, condimenti, gioielli,
tessuti....o per farne strumenti musicali come la kora.
Il Bogolan
è una tintura dei tessuti tradizionale dell'Africa occidentale.
E' stata storicamente praticata dai popoli discendente dal gruppo Mandé.
Oggi si trova ancora tra alcune popolazioni del Mali: Dogon, Bobo, Senoufo,
Manianka, Malinké, Bambara. La lavorazione Bogolan è antichissima.
Una leggenda narra della scoperta fortuita di questa tecnica da parte
di una donna che macchiò il proprio vestito di terra e si accorse
che i segni così impressi erano indelebili. E' stato tratto da un granaio dogon che riproduceva il disegno stilizzato di una maschera particolare che racchiude diversi significati simbolici e si presta quindi a molteplici interpretazioni. Per alcuni è la raffigurazione di un animale mitico, come l'uccello kommondo, la cui testa e le cui ali aperte sono rappresentate rispettivamente dai bracci inferiori e superiori della croce di Lorena. Secondo altri studiosi l'animale si dovrebbe identificare con il coccodrillo leggendario su cui gli antenati avrebbero attraversato il fiume Niger. Ma l'interpretazione più diffusa vuole che i bracci superiori della croce rappresentino il cielo, quelli inferiori la terra, mentre l'asse centrale costituisce il tramite tra le due estremità. La forza vitale fecondatrice scende dal cielo sulla terra, la rende fertile e consente in tal modo il perpetuarsi della vita e dell'equilibrio primordiale. La parte superiore del simbolo rappresenta quindi l'origine dell'universo. |