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ARTE E ARTIGIANATO DOGON

Circa cento anni fa, i precursori dell'arte moderna come Braque, Matisse o Vlaminck, acquistando le loro prime maschere africane, hanno sensibilizzato l'Occidente all'arte dell'Africa nera. Ne hanno egualmente contribuito i pittori impressionisti tedeschi del movimento Die Brücke. Numerose esposizioni insieme ad importanti edizioni, hanno interessato tutto il mondo all'arte africana, la quale si è trovata così portata ai primi posti dell'arte mondiale. Tuttora la produzione dogon ne rappresenta una delle migliori espressioni.

LE MASCHERE

Le maschere sono molto importanti nella cultura dogon e ricoprono un ruolo rilevante nelle cerimonie religiose. La cerimonia commemorativa per i defunti costituisce un'occasione speciale di festa, cui prendono parte centinaia di maschere diverse rappresentanti animali, esseri umani e concetti astratti. Ad ogni maschera corrisponde un costume di fibra, un emblema e persino un passo di danza specifico; tutte però trovano origine nell'immensa maschera della madre Imina-na, lunga ben 10 metri, che per ovvi motivi non può essere indossata.
La cerimonia più famosa è sigui, celebrata ogni sessant'anni (la manifestazione più recente risale agli anni '60), Durante la festa i Dogon eseguono danze che raccontano la storia delle loro origini. Le maschere della popolazione dogon, al contrario della restante produzione plastica, non vengono mai eseguite dai fabbri, bensì dai giovani iniziati della società segreta Awa, cui spetta l'organizzazione delle rappresentazioni in costume.
Dopo la cerimonia, l'Imina-na viene riposta in una delle grotte collocate in alto sulle pareti scoscese. La stessa viene anche utilizzata durante un importante rito funerario che si svolge ogni cinque anni circa. Secondo la tradizione dogon, quando una persona muore il suo spirito vaga alla ricerca di una nuova dimora. Temendo che lo spirito vada a riposare nel corpo di un altro mortale, i Dogon portano l'Imina-na nella casa del defunto per incitare lo spirito a risiedere nella maschera. La cerimonia di accompagnamento può durare fino a una settimana e celebra la vita del defunto e il ruolo che ha svolto nella vita del villaggio.
La maschera svolge una funzione protettiva nei confronti della comunità: annulla l'influsso negativo causato dalla morte di uomini ed animali, ed allontana i ladri ed i malfattori.
Secondo ciò che narrano alcuni racconti mitologici, sembra che le maschere abbiano fatto la loro comparsa tra i Dogon contemporaneamente alla morte. Infatti in occasione delle cerimonie per la fine del lutto era richiesto l'intervento in pubblico delle maschere; queste, che dovevano essere rubate o eventualmente prese in prestito, sancivano con le loro danze la separazione definitiva dei morti dai vivi. Le maschere non possono essere viste dalle donne e dai non iniziati, pena la malattia e la morte; per scongiurare questa eventualità vengono nascoste in fori ricavati dalle rocce. (Nel corso di uno dei nostri viaggi abbiamo assistito alle danze delle maschere, organizzate appositamente in nostro onore: alle stesse però non potevano assistere le donne ed i bambini del villaggio che venivano tenuti a distanza da una di esse). Quando si ritiene che la maschera abbia esaurito la propria forza, la si getta o la si abbandona.
Si racconta che quando il danzatore, durante l'esibizione, rovina la propria maschera, deve immediatamente lasciare la cerimonia e rifugiarsi in un luogo isolato, dove distruggerà egli stesso la maschera definitivamente (Può darsi che questa abitudine sia scomparsa: noi stessi abbiamo aiutato uno di loro a riparare la maschera, rottasi durante una rappresentazione, con l'unica cosa che avevamo a disposizione: lo scotch, e la maschera è stata tranquillamente usata il giorno successivo). In senso generale le maschere zoomorfe, ed ancora di più quelle antropomorfe, rappresentano il ricordo e la commemorazione di quell'unione, risalente ai tempi del mito, tra uomo e animale; un'unione che vedeva gli animali parlare ed agire secondo la mentalità.
Quando muoiono importanti membri del villaggio, essi vengono interrati in una grotta in alto sulle rupi (a volte appropriandosi di una grotta dei Tellem), di solito lo stesso giorno della morte, o il successivo. La salma, avvolta in tessuti colorati, viene fatta correre a testa alta attraverso il villaggio, poi viene sollevata con corde fino alla grotta. Cinque giorni più tardi si svolge un rito funerario minore. La maggior parte delle cerimonie dogon che contemplano l'impiego di maschere si svolge da marzo a maggio, quando finisce il periodo del raccolto. Queste comprendono Agguet, intorno a maggio, in onore degli antenati, e Ondonfile, nel periodo che precede le prime piogge.

IL KANAGA

Questa maschera, che proviene dal Mali, viene utilizzata nel corso di cerimonie funebri ed ha il duplice scopo di purificare il villaggio dalla morte e di accompagnare lo spirito del defunto alla sua ultima dimora. Si tratta di una maschera particolare che racchiude diversi significati simbolici e si presta quindi a molteplici interpretazioni. Per alcuni è la raffigurazione di un animale mitico, come l'uccello kommondo, la cui testa e le cui ali aperte sono rappresentate rispettivamente dai bracci inferiori e superiori della croce di Lorena. Secondo altri studiosi l'animale si dovrebbe identificare con il coccodrillo leggendario su cui gli antenati avrebbero attraversato il fiume Niger. Ma l'interpretazione più diffusa vuole che i bracci superiori della croce rappresentino il cielo, quelli inferiori la terra, mentre l'asse centrale costituisce il tramite tra le due estremità. La forza vitale fecondatrice scende dal cielo sulla terra, la rende fertile e consente in tal modo il perpetuarsi della vita e dell'equilibrio primordiale.
La parte superiore della maschera rappresenta quindi l'origine, dell'universo come della stirpe. Nel corso delle cerimonie rituali, i danzatori indossano, insieme alla maschera, un costume complesso, costituito da un abito di fibre dai colori sgargianti e da una ricca ornamentazione di cauri.

LE PORTE

Le porte, riccamente scolpite, servono generalmente come chiusura dei granai. Il granaio dogon viene usato per custodire non solo i cereali, ma anche gli oggetti di valore. Il granaio dell'Hogon, il sommo sacerdote, contiene il miglio usato per i riti propiziatori della fertilità; le porte costruite per lui sono ornate con figure maschili e femminili che si ritiene rappresentino gli antenati mitici. Il granaio é considerato simbolo dell'arca mitica che servì agli otto Nommo nel loro viaggio verso la terra.

LE SERRATURE

Questo tipo di lucchetto é un'invenzione dell'antica Mesopotamia; é giunto alle tribù dell'Africa occidentale per il tramite delle popolazioni arabe. La serratura é sempre formata da due pezzi, di cui uno fisso e l'altro scorrevole, uniti alla porta da chiodi di ferro; all'interno della parte fissa sono collocati dei perni che, bloccati da una chiave, permettono la chiusura della porta. La serratura viene vista dai Dogon come una stilizzazione della figura umana, ed in essa distinguono una parte superiore che chiamano testa, una centrale, l'addome, e una inferiore le gambe.


PREGHIERE PER LA PIOGGIA

Le statue rappresentanti una figure con le braccia levate sono tra le più note del repertorio dogon. A queste opere viene generalmente attribuito il nome di "preghiere per la pioggia", in quanto le figure sono scolpite in atteggiamento supplichevole; le braccia levate verso l'alto sembrano invocare ad uno stesso tempo la pioggia e la protezione della divinità. Queste statue vengono a volte identificate con i Nommo, che sono anche signori dell'acqua, nel loro ruolo di mediatori tra terra e cielo e tra donna e uomo. Essendo l'elemento unificatore ed intermediario tra questi due principi, il Nommo é ermafrodito. Queste statuette vengono poste sugli altari famigliari, dove sono celebrati i riti propiziatori della pioggia. L'Hogon, il grande sacerdote, intinge la statua in polvere di carbone e olio, sostanze usate per i sacrifici, e quindi accende sull'altare un fuoco; poi, con un uncino, fa atto di attirare a sé, simbolicamente, le nubi del cielo. La decorazione a zig-zag sul corpo di entrambe le figure rappresenta insieme l'acqua e l'uomo, prodotto della vibrazione del cosmo.


IL CAVALIERE DOGON

L'immagine dell'uomo a cavallo ricorre assai frequentemente nella produzione artistica dogon. Generalmente si ritiene che rappresenti il settimo Nommo, ovvero il fabbro. Il fabbro é uno dei personaggi centrali tanto della mitologia quanto della vita sociale dogon. Egli é l'eroe civilizzatore per eccellenza. Il cavaliere può essere identificato anche con Hogon, il grande sacerdote, che vive isolato dedicandosi esclusivamente al culto. In alcune occasioni il cavaliere può rappresentare Dyon, l'antenato primordiale che, anticamente, guidò i Dogon nella regione che ancora oggi abitano. Secondo la complessa mitologia dogon, Amma é il creatore dell'universo ed anche colui che diede vita al primo genio, chiamato Nommo. A causa della lite che questi ingaggiò con il proprio gemello antagonista, l'ordine del cosmo venne turbato; fu così che Amma decise di porvi rimedio sacrificando il primo Nommo e smembrandone il corpo. Dai frammenti di quest'ultimo ebbero origine le quattro coppie di gemelli Nommo, antenati dell'uomo, dagli occhi rossi e dal corpo verde. I Nommo, scesi sulla terra, portarono agli uomini la civilizzazione e la conoscenza delle tecniche agricole e metallurgiche, divenendo così per i Dogon eroi culturali. Il Nommo-fabbro, pur essendo dotato di un corpo flessibile, cadendo sulla terra si spezzò le giunture, e divenne così capace di lavorare e di danzare. Inoltre egli rubò un pezzetto di sole e lo donò all'uomo sotto forma di fuoco e di metallo incandescente. Sovente su questo tipo di sculture compaiono diffuse decorazioni incise a zigzag. Questo motivo ricorre spesso nell'iconografia locale, e simboleggia generalmente la pioggia o l'acqua. In alcuni casi ad esempio il suo movimento ondulato rimanda allo scorrere dell'acqua sul terreno.


I GEMELLI

Le due figure, sono conosciute col nome di "due gemelli". La mitologia tramanda che dall'energia vitale del primo Nommo é stata originata la prima coppia di gemelli, fratello e sorella. Secondo alcuni autori tuttavia le immagini raffiguranti più figure contrapposte sarebbero la rappresentazione di Aru e della sua stirpe, leggendari usurpatori delle terre dei Dogon.

L'ERMAFRODITO

Un altro dei grandi temi ricorrenti nella statuaria dogon é quello dell'ermafrodito, generalmente collocato su di uno zoccolo. La figura che rappresenta insieme gli attributi di entrambi i sessi é considerata abitualmente rappresentazione dell'antenato mitico. Il tema della figura androgina non é una creazione originale dei Dogon: essi stessi lo fanno risalire all'antica popolazione dei Tellem, che ha abitato prima di loro gli stessi territori. Nell'iconografia usuale gli attributi maschili sono rappresentati dal sesso e dalla barba, quelli femminili dal seno e dall'ombelico. L'uomo e la donna sono creature imperfette ed incomplete, e solamente nell'unione fisica e psicologica possono ritrovare la propria ragione di vita. Ciò sembra essere direttamente in relazione con la divinità primordiale, che racchiudeva nel suo essere un'unità ancora indifferenziata.


GLI ANTENATI

L'uomo e la donna raffigurati insieme rappresentano generalmente gli antenati progenitori; essi, nella loro unione, simboleggiano l'ordine dell'universo che si perpetua e ritorna incessantemente. L'esemplare esposto raffigura i due personaggi in una posa che ricorre spesso nella produzione dogon: le mani di entrambi sono appoggiate sulle ginocchia e l'uomo cinge col braccio le spalle della donna. Si ritrovano qui due elementi iconografici che costituiscono degli attributi specifici dei due sessi: la faretra, che allude alla guerra e alla caccia, ed il bambino affidato alle cure materne. La sporgenza tubolare sotto il mento della figura femminile rappresenta il bastoncino che molte donne usavano portare infisso nel labbro.


IL KALAO

Con il nome di Kalao si fa riferimento al bucero, uccello diffuso in molte regioni del continente africano. La sua immagine scolpita ricorre spesso nella produzione artistica, soprattutto tra le popolazioni del Sudan Occidentale, e si carica di significati mitologici e simbolici. Generalmente il ventre rigonfio ed il forte becco adunco si riferiscono agli organi sessuali e all'accoppiamento; nel suo insieme quindi il kalao allude alla fertilità, alla vita ed alla continuazione della propria discendenza.


LE PERLE DI PASTA DI VETRO

Prima che gli africani entrassero in contatto con il mondo straniero, le perle, che erano un oggetto simbolico importante, erano, secondo la regione, di origine vegetale, minerale o acquatica. In Africa occidentale, di origine soprattutto minerale, le perle erano intagliate da pietre come il quarzo trasparente, il corallo blu, il calcedonio o la malachite. Che si trattasse di perle provenienti dalle acque dei fiumi, da minerali o da vegetali era comunque difficile procurarsene. La loro rarità le rendeva molto preziose. Per acquistarne qualche grano, si arrivava a dare in schiava una donna o un bambino della famiglia. Nel frattempo, già verso la fine del medio evo, gli Indiani e i Cinesi che intrattenevano relazioni commerciali con l'Africa, avevano introdotto nel continente perle in vetro o in pasta di vetro coloratissime, che gli Africani adottarono. Più tardi, verso il XVI° secolo, i Portoghesi, arrivati sulla costa occidentale dell'Africa, avviarono un importante commercio di baratti con le popolazioni della costa. Tra le mercanzie scambiate da parte portoghese, c'erano anche perle di vetro che venivano fabbricate in Germania, in Francia, in Olanda e soprattutto a Venezia (le "murrine"). Poco a poco queste perle artificiali sostituirono quelle naturali per le più diverse funzioni, sia molto concrete (venivano infatti usate come denaro, come ornamento, per comporre gioielli) sia simboliche. I valori ed i significati simbolici delle perle sono numerosissimi. Tra i Baluba del Congo un collier di perle simbolizza l'unione della vita di individui in un insieme coerente. Effettivamente, in una collana ogni grano rappresenta una unica vita, che forma con le altre vite (le altre perle) un tutto (il collier), la cui esistenza non è possibile se non grazie alla partecipazione di tutti. Così un collier di perle appartenente ad un capofamiglia simbolizza tutta la famiglia, e ogni grano un membro della stessa. Una collana di perle posseduta da un capo clan rappresenta tutto il clan e ciascuna perla, una famiglia appartenente a quel clan. E' un pessimo segnale quando una collana di famiglia si rompe, anche per caso: questo evento starebbe a significare la prossima morte di un membro della famiglia. Le perle simboleggiano la ricchezza e il benessere sociale.

LA CALEBASSE

Questi recipienti sono ricavati dal frutto maturo di una diffusissima varietà di zucca, che viene lasciato imputridire nell'acqua e quindi svuotato. La scorza legnosa diviene molto dura, pur rimanendo adatta ad essere intagliata ed incisa. Questi contenitori sono diffusi in tutta l'Africa e vengono utilizzati per contenere granaglie, liquidi, latticini, condimenti, gioielli, tessuti....o per farne strumenti musicali come la kora.
Il mito adja (nel Ghana) spiega così la nascita del mondo:
"All'inizio di ogni esistenza c'era una Calebasse. Riempiva il tempo e lo spazio: era il Tutto. Divisa orizzontalmente nel mezzo, il suo coperchio formava il Cielo e la sua coppa la Terra.
Il Cielo era maschile e conteneva l'Acqua. La terra era femminile e le sue viscere contenevano il Fuoco. La Vita nacque dall'iniziativa del Cielo, che un giorno inviò la sua Acqua sulla superficie della Terra. La Terra accolse la prima Pioggia, che, con la sua freschezza, fece germogliare le piante. Alcune delle quali si trasformarono in animali, altre in uomini. Il Cielo e la Terra, messi in contatto dalla Pioggia fecero scoppiare il Fulmine, che scatenò l'impulso primordiale, mettendo in perpetuo movimento il Cielo e la Terra stessi, l'Acqua ed il Fuoco, che l'uno e l'altra contenevano.
Per le donne Wodaabe, tribù nomadi che vivono lungo il corso centrale del Niger, in zone della Nigeria e del Camerun, la ricchezza e la fonte del prestigio stanno nelle loro collezioni di zucche cerimoniali, che la madre dà alla figlia quando abbandona la famiglia paterna per andare a vivere nell'accampamento del marito.


I TESSUTI BOGOLAN

Il Bogolan è una tintura dei tessuti tradizionale dell'Africa occidentale. E' stata storicamente praticata dai popoli discendente dal gruppo Mandé. Oggi si trova ancora tra alcune popolazioni del Mali: Dogon, Bobo, Senoufo, Manianka, Malinké, Bambara. La lavorazione Bogolan è antichissima. Una leggenda narra della scoperta fortuita di questa tecnica da parte di una donna che macchiò il proprio vestito di terra e si accorse che i segni così impressi erano indelebili.
Il significato della parola bogolan è "il risultato che dà l'argilla", e in effetti le decorazioni sono ottenute utilizzando il fango applicato sul tessuto. Questo è tradizionalmente cotone, la cui filatura è eseguita dalle donne che, sedute a terra, tirano, torcono e avvolgono con gesti antichissimi il filo intorno a un fuso. La tessitura, invece, è riservata esclusivamente agli uomini. Essi utilizzano un particolare telaio orizzontale dotato di licci e pedali. Con il ritmico movimento dei piedi realizzano una banda di stoffa bianca lunga 27 metri e larga una dozzina di centimetri, che sarà poi tagliata e cucita a mano per la confezione degli abiti.
La decorazione bogolan avviene attraverso tappe successive di tintura, ammollo e lavaggio. Essa è affidata alle donne che lavorano sedute e circondate dagli strumenti necessari: tiralinee (kalama), spatole, steli di miglio, penne spazzole, vasi di colore a base di fango e decotti. La stoffa è dapprima immersa in una tintura vegetale, solitamente un decotto di n'galama (foglie d'albero anogeissus leiocarpus) che le rende, dopo l'essicazione al sole, di una tinta uniformemente ocra e le permette di fissare gli altri colori; a questo punto viene eseguito il disegno applicando del fango raccolto nei canali o nel fiume Niger e lasciato fermentare in giare. A volte vengono aggiunti vecchi chiodi che favoriscono il processo di ossidazione. Le donne tracciano poi i motivi con l'argilla senza l'aiuto di disegni preliminari.
Dopo il lavaggio e l'asciugatura, che hanno la funzione di eliminare le eccedenze di fango, il disegno appare nero su fondo ocra. La reazione chimica tra il fango e il decotto di n'galama, utilizzato per il fondo, rende indelebile la tinta applicata. L'operazione può essere ripetuta per ottenere tinte più profonde. Successivi interventi di sbiancatura e tintura danno l'aspetto finale del bogolan. Le tinture successive possono essere fissate con altri detergenti o fissanti vegetali.
Il bogolan riveste una grande importanza nella società. Per gli uomini è legato alla caccia e costituisce una protezione contro le energie negative sprigionate dall'animale ucciso. Le donne vestono il loro primo bogolan in occasione del passaggio all'età adulta e lo portano in tutte le fasi successive della vita. La decorazione costituisce un vero e proprio testo, il cui significato è accessibile solo a chi abbia seguito un'opportuna iniziazione.
Un universo di simboli si dispiega sul bogolan: non solo luoghi, persone e animali vi sono rappresentati, ma anche idee astratte e religiose.

IL LOGO DI " YACOUBA PER L'AFRICA"

E' stato tratto da un granaio dogon che riproduceva il disegno stilizzato di una maschera particolare che racchiude diversi significati simbolici e si presta quindi a molteplici interpretazioni. Per alcuni è la raffigurazione di un animale mitico, come l'uccello kommondo, la cui testa e le cui ali aperte sono rappresentate rispettivamente dai bracci inferiori e superiori della croce di Lorena. Secondo altri studiosi l'animale si dovrebbe identificare con il coccodrillo leggendario su cui gli antenati avrebbero attraversato il fiume Niger. Ma l'interpretazione più diffusa vuole che i bracci superiori della croce rappresentino il cielo, quelli inferiori la terra, mentre l'asse centrale costituisce il tramite tra le due estremità. La forza vitale fecondatrice scende dal cielo sulla terra, la rende fertile e consente in tal modo il perpetuarsi della vita e dell'equilibrio primordiale. La parte superiore del simbolo rappresenta quindi l'origine dell'universo.

 

 

 

 

 
Antilope
Maschera
Maschera
Maschere
Maschera
Spettatori
Kanaga
 
 
 
 
 
 
 
 
Porta
Granaio
Preghiera
Calebasse
Calebasse al mercato
Filatura cotone
Decorazione Bogolan
Esposizione
Origine del Logo
Logo di Yacouba
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